La Corte di Cassazione (Cass. civ. Sez. I, Ord., (ud. 25/11/2019) 07-02-2020, n. 2980) ha recentemente ribadito che la vendita sottocosto (o comunque a prezzi non immediatamente remunerativi) è contraria ai doveri di correttezza ex art. 2598 c.c., comma 1, n. 3, solo se si connota come illecito antitrust, in quanto posto in essere da una impresa in posizione dominante e praticata con finalità predatorie. La vendita sottocosto è favorevole ai consumatori ed al mercato, sino a quando non giunga alla soppressione della concorrenza, e, perciò, si traduca in un danno per gli stessi consumatori ed il mercato, onde solo in tale ultima situazione si realizza l'illecito concorrenziale da dumping interno.
Recenti pronunce della Corte di giustizia confortano tale orientamento, laddove si censura, a norma della direttiva 2005/29/Ce del Parlamento Europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali, il divieto generale di vendita sottocosto (Corte giustizia Unione Europea 19 ottobre 2017, n. 295/16).
Dunque, per la Cassazione non occorre discostarsi dall’orientamento del 2006 (Cass. 26 gennaio 2006, n. 1636), la quale - premesso che la clausola indeterminata dell'art. 2598 c.c., comma 1, n. 3, va concretizzata "sulla base di parametri desunti da altre norme, o da ulteriori principi generali, rinvenibili nell'ordinamento" e che l'art. 41 Cost. sulla libertà d'iniziativa economica costituisce il principio generale in materia - ha, anzitutto, chiarito come la scelta di un imprenditore in ordine alla politica dei prezzi sia in via di principio lecita, trattandosi di un comportamento strettamente legato alle valutazioni di rischio, che solo a lui competono, nel rispetto, naturalmente, delle regole sulla disciplina del commercio. Mentre l'"utilità sociale", dalla medesima disposizione costituzionale prevista a limite della libertà d'impresa, va intesa pur sempre con riguardo al c.d. interesse del mercato, ossia a quello che nuoce o giova al buon funzionamento del medesimo, e, quindi alla generalità dei consumatori: e non al mero interesse di un altro concorrente a non essere messo in difficoltà.
L'esclusione degli imprenditori rivali dal mercato da parte di un'impresa concorrente integra gli estremi della norma invocata soltanto quanto attuata con tecniche illecite. Come si è osservato, altre tecniche di competizione cosiddetta extraindustriale sono spesso anche più aggressive della vendita sottocosto, e certamente meno trasparenti: dato che, almeno in un primo momento, quest'ultima avvantaggia indiscutibilmente l'acquirente.
News archive