di Fabrizio Cugia di Sant’Orsola
Egregio Primo Ministro, chi Le scrive è un avvocato romano, come tanti connazionali speranzoso di ciò che l’Italia vorrà fare quale nuovo membro temporaneo del Consiglio di Sicurezza ONU, seppur nell’onere condiviso con l’Olanda.
In un frangente storico contraddistinto da una crescente miopia mercantilistica e dall’apparente impossibilità di definire politiche comuni anche minime nonostante le chiare emergenze planetarie, tale nomina pare costituire un’occasione davvero irripetibile per riaffermare innanzitutto i principi di diritto che dovrebbero governare la civiltà umana. In tal senso, il rapporto rilasciato pochi giorni fa dall’organizzazione umanitaria Amnesty International circa le prove dell’esecuzione in massa di circa tredicimila detenuti avvenuta nel carcere sito a pochi chilometri da Damasco, ossia in un territorio ancora controllato da un governo che ha un presidente con tanto di nome e cognome (tale da tramandare per unzione divina il potere), nonché un ministro degli interni ed uno della giustizia ed un direttore d’istituto carcerario dotati anch’essi d’identità personale come gli aguzzini portati poi a Norimberga, merita l’immediata e ferma presa di posizione del nostro Paese. Pena l’ignominia storica perenne, e l’implicito tradimento degli stessi valori fondanti del nostro Stato, Ella non potrà far passare in complice silenzio tale barbara ignominia.
L’occasione è quindi di primaria importanza per indire con urgenza una riunione del Consiglio di Sicurezza e farsi carico di una mozione d’intervento umanitario in Siria. Come Ella avrà avuto modo di leggere, il rapporto indica che le esecuzioni sono state eseguite tra il 2011 ed il 2015 nel totale silenzio, speriamo incolpevole, della comunità internazionale. Le esecuzioni risultano praticate previa tortura dei detenuti, crimine già di per sé perseguibile secondo i canoni basilari del diritto internazionale, ossia tale da giustificare da solo l’intervento auspicato. Come se tutto ciò non bastasse, le esecuzioni risultano svolte a seguito della messa in scena di processi-farsa della durata di pochi minuti, orchestrati al solo fine di poter evidentemente frapporre un timbro di cinica e bara legalità in caso di eventuali indagini internazionali. La barbarie 2.0 s’è quindi ingegnata per mettersi al passo coi tempi, purtroppo.
Non appare dubbio in ogni caso che i più elementari diritti di questi inermi cittadini, rei soltanto di aver voluto veder germinare i principi di libertà in un paese macchiato da tirannia, siano stati lesi e platealmente calpestati alla radice. In tal senso può agevolmente anticiparsi il possibile ragionamento che frapporranno in sede di pronuncia al Consiglio di Sicurezza alcuni Membri permanenti, forti delle prerogative di veto e gerenti di uno status quo internazionale sempre più traballante e senz’altro storicamente delegittimato. Per tale motivo, da operatore del diritto, mi permetto di suggerire la possibile replica. Diranno infatti, con buon cinismo, che fonti attendibili inquadravano i detenuti come terroristi, e che molti risultavano appartenenti a gruppi estremisti.
Alluderanno poi al fatto che per la tutela del libero e civile convivere in Siria e per gli equilibri dello scacchiere mediorientale ogni ingerenza nei fatti interni di quel Paese sorretto soltanto dalla realpolitik potrebbe minare anche i fragili assetti così faticosamente raggiunti. È un parlare che già si conosce, purtroppo anche al Palazzo di Vetro. L’Italia potrà allora ricordare che i diritti dei singoli sono universali, ed anteposti alle logiche di ogni tipo di geopolitica. Che nessuna ragion di stato prevale sui diritti fondamentali, richiamati dallo Statuto delle Nazioni Unite. In nome di tali valori è previsto l’uso della forza internazionale per assicurare interventi umanitari, com’è stato nei recenti casi della Somalia e Bosnia (e chi condivide con noi il seggio potrà ricordarsi delle proprie dirette responsabilità per i fatti di Srebrenica).
Confido, son certo anche a nome della maggioranza dei nostri connazionali, che vorrà assicurare il Suo impegno in materia.
http://www.nelfuturo.com/lettera-aperta-al-primo-ministro-gentiloni
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