Il diritto all’oblio nel registro delle imprese

14 giugno 2017

All’indomani della celebre decisione dei giudici europei nella Causa C-131/12 – Google Spain SL, Google Inc./ Agencia Española de Protección de Datos, Mario Costeja Gonzále, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea è tornata nuovamente ad esprimersi in materia di right to be forgotten.

Ed infatti, se nel 2012 i giudici europei hanno segnato una svolta epocale con riferimento al diritto all'oblio su Internet, dando vita ad una decisione ed ad un filone giurisprudenziale fortemente innovativo ed al passo con i tempi, con la sentenza del 9 marzo 2017 – Causa C 398/2015 Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Lecce / Salvatore Manni, ci si è domandati se per i dati personali contenuti nel registro delle imprese sussista parimenti il diritto alla cancellazione degli stessi.

Nel caso di specie, infatti, parte attrice, amministratore di una società risultata aggiudicataria di un appalto per la costruzione di alcuni immobili, conveniva in giudizio la Camera di Commercio di Lecce dal momento che le unità immobiliari da lui costruite non avevano trovato acquirenti perché, a suo dire, dal registro delle Imprese risultava che l’attore era stato precedentemente già amministratore di un’altra società poi dichiarata fallita. Parte attrice, pertanto, riteneva la Camera di Commercio di Lecce responsabile di un siffatto evento, lamentando così l’avvenuta lesione della propria immagine data dalla presenza di tali dati nel registro pubblicamente consultabile. Il Sig. Manni richiedeva pertanto la cancellazione o la trasformazione dei dati in forma anonima o il blocco dei dati unitamente al risarcimenti dei danni.

Il Tribunale di Lecce accoglieva la domanda dell’attore e condannava il convenuto all’anonimizzazione dei dati che collegavano il Sig. Manni al fallimento della prima società e al risarcimento del danno cagionato.

La camera di Commercio, tuttavia, proponeva ricorso dinnanzi ai giudici di legittimità i quali, a loro volta, investivano la Corte di Giustizia Europea di alcune questioni pregiudiziali.

In particolare ai giudici europei veniva richiesto se la Direttiva 95/46/CE, relativa alla tutela dei dati delle persone fisiche, nonché la Direttiva 68/151/CE e s.m.i., in materia di pubblicità degli atti delle società, potessero rappresentare un ostacolo a che chiunque, senza limiti di tempo, decida di accedere ai dati relativi alle persone fisiche contenute nel registro delle imprese.

A tal proposito la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha ritenuto doveroso rilevare, da un lato, che la funzione del meccanismo di pubblicità previsto per il registro delle imprese è quella di garantire la certezza del diritto nelle relazioni tra società ed i terzi, nonché quella di tutelare in particolare gli interessi dei terzi rispetto alle S.p.A. e alle S.r.l. che offrono come unica garanzia il proprio patrimonio sociale, dall’altro, che, anche molti anni dopo che la società ha cessato di esistere, possono sorgere questioni che possano far ritenere necessario disporre dei dati delle persone fisiche.

Pertanto, alla luce delle siffatte considerazioni, i giudici europei, riconoscendo la molteplicità dei diritti e dei rapporti giuridici di una società che possono coinvolgere diversi soggetti, anche dopo la sua cessazione, e riconoscendo che ogni Stato membro prevede un proprio termine di prescrizione, hanno ritenuto di fatto impossibile identificare un lasso di tempo univoco al termine del quale non ritenere più necessaria la pubblicazione di tali dati nel registro.

La Corte non ha infatti ritenuto violato nè il rispetto alla vita privata nè la tutela dei dati personali, entrambi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, dal momento che i dati inseriti nel registro e liberamente consultabili rappresentano solo un numero limitato e dal momento che trova piena giustificazione il diritto di accesso a tali informazioni da parte di quei soggetti che vogliano intrattenere delle relazioni commerciali con una società che offra come unica garanzia il proprio patrimonio sociale .

Pur tuttavia, sebbene la Corte concluda affermando che “nella ponderazione da farsi prevalgono, in linea di principio, l’esigenza di tutelare gli interessi dei terzi nei confronti delle società nella forma di S.p.A. o S.r.l. e di garantire la certezza del diritto, la lealtà delle transazioni commerciali, e quindi il buon funzionamento del mercato interno” non si può escludere “che possano sussistere situazioni particolari in cui ragioni preminenti e legittime concesse al caso concreto della persona interessata giustifichino, in via eccezionale, che l’accesso ai dati personali ad essa relativi iscritti nel registro, sia limitato, decorso un periodo di tempo sufficientemente lungo dopo lo scioglimento della società di cui trattasi, ai terzi che dimostrino un interesse specifico alla loro consultazione”.

Pertanto i giudici, pur non riconoscendo espressamente l’esistenza del right to be forgotten relativamente ai dati contenuti nel registro delle imprese, lasciano comunque aperta la possibilità a che gli Stati membri, previa valutazione da compiersi caso per caso, decidano se consentire alle persone fisiche di chiedere all’autorità incaricata delle tenuta del registro di verificare se sia eccezionalmente giustificato limitare l’accesso ai dati personali che le riguardino ai terzi che dimostrino di avere un interesse specifico alla loro consultazione.

Dott.ssa Simona Semmola

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